Il forex è una forma di investimento sempre più diffuso in Italia e che consiste nella possibilità di ottenere un guadagno dalla compravendita di valute straniere, sfruttando in proprio favore i movimenti dei tassi di cambio. Poniamo, ad esempio, di acquistare 1.000 dollari, quando il tasso di cambio tra euro e dollaro è di 1,30. In sostanza, spendiamo 769,23 euro. Mettiamo di rivenderli, quando il tasso di cambio è mutato a 1,28 (il dollaro si è rafforzato contro l’euro), incassando così 781,25 euro. Abbiamo ottenuto un guadagno di 12,02 euro, pari all’1,56% dell’investimento iniziale. Potrebbe sembrare poco, ma prestiamo attenzione al fatto che tali margini possono ottenersi anche dopo pochi minuti o qualche ora o giorno e che possono anche essere di gran lunga maggiori.
Una volta compreso questo meccanismo, sorge una domanda, se riesco a guadagnare grazie al forex, devo pagarci anche le tasse, e se sì, quali.
In teoria, il guadagno realizzato con il forex potrebbe essere soggetto al pagamento dell’Irpef, l’imposta sui redditi delle persone fisiche. In pratica, dovremmo dichiarare le somme guadagnate nella denuncia dei redditi, sottoponendoli alle aliquote Irpef, che arrivano fino al 43% e che sono progressive, in base al reddito dichiarato. Tuttavia, questa imposta si applica al forex se sussiste almeno uno dei due elementi: in primis, che la valuta straniera sia tenuta almeno per una settimana. Nel caso sopra riportato, dovremmo avere tenuto i dollari per almeno 7 giorni, prima di rivenderli e questo accade raramente con chi cerca un guadagno sul forex, magari anche di piccola entità.
Secondo punto: i guadagni devo essere almeno pari a 51 mila euro nell’anno solare. Anche in questo caso, sarebbe da escludere dalla platea dei potenziali contribuenti Irpef la quasi totalità di chi opera sul forex, in quanto tali cifre vengono raggiunte solo da qualche investitore di un certo livello.
In definitiva, quindi, possiamo affermare che chi realizza guadagni con la compravendita di valute straniere non sarà quasi mai soggetto al pagamento dell’Irpef.
Di recente, è stata introdotta in Italia la cosiddetta “Tobin Tax”, ossia un’imposta sulle transazioni finanziarie, con lo scopo di colpire gli investimenti prettamente speculativi. Tra questi, certamente rientra anche il forex, in teoria. Passando alla pratica, infatti, sarà anche in questo caso molto difficile che la Tobin Tax si applichi ai tuoi investimenti in valute straniere. Affinché ciò sia possibile, è necessario che i guadagni siano realizzati inday, mentre chi opera nel forex li realizza, in genere, intraday. Inoltre, l’imposta è dovuta, solo se chi investe è una società quotata, mentre nel caso di un trader forex, parliamo quasi sempre di un privato cittadino, quindi, non soggetto a questo tipo di imposta finanziaria.
Da ciò ne deriva che l’unica imposta che certamente si applica ai guadagni realizzati col forex è quella sulle rendite finanziarie, trattandosi di realizzi in conto capitale. L’aliquota è stata al 20% fino al 30 giugno 2014, ma è salita al 26% successivamente. Di conseguenza, tutti i guadagni realizzati con un investimento nelle valute straniere vanno tassati al 26%. Nel caso sopra riportato, sui 12,02 euro di margine (al lordo delle commissioni dovute al broker), dovremmo pagare 3,13 euro.
Potrebbe sembrare molto, ma se si tiene conto che le aliquote Irpef, come sopra detto, arrivano fino al 43%, dovremmo essere contenti che si paghi questa imposta e non quella sui redditi delle persone fisiche. Vero è, però, che tale aliquota risulta più che doppia di quella prevista sui rendimenti dei titoli di stato, pari al 12,50%. Peraltro, bisogna anche considerare che chi investe nel forex si assume rischi potenzialmente elevati, per cui l’aggravio fiscale di questi ultimi mesi appare per molti operatori ingiusto e disincentivante dell’attività di trading.
Quanto alla modalità di pagamento dell’imposta, sono previsti due regimi. Il primo è quello sostitutivo, che si ha nel caso in cui è il broker ad applicare al guadagno l’imposizione, trattenendola direttamente e versandola allo stato, fungendo come sostituto d’imposta. In questo caso, quindi, il trader (tu) incasserà la somma al netto delle imposte e nulla dovrà più dichiarare al fisco.
Nel caso di regime dichiarativo, invece, è il trader a dovere versare materialmente l’imposta, dopo avere denunciato i guadagni in conto capitale realizzati nell’anno solare al rigo RT – Plusvalenze di natura finanziaria del modello Unico, inserendo il totale dei corrispettivi nella sezione II-B della dichiarazione, al rigo RT 41.
E’ altresì possibile, in questo caso, portare in detrazione dalla base imponibile le eventuali perdite realizzate anche negli esercizi precedenti, purché non oltre il quarto. Va compilato allo scopo il rigo RT 45, tenendo ben presente che le aliquote negli anni sono cambiate. La tassazione sulle rendite era pari al 12,50% fino al 31 dicembre 2011, al 20% dall’1 gennaio 2012 fino al 30 giugno 2014 e successivamente al 26%.
Se il broker è residente all’estero, va compilato anche il rigo RW del modello Unico, relativo al monitoraggio delle attività finanziarie prodotte all’estero.
Infine, il pagamento dell’imposta sostitutiva si effettua col modello F24 con il codice tributo 1100, rateazione 01 01. Con l’F24, l’imposta può essere compensata con qualsiasi altro credito capiente e relativo ad altri tributi.